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La provincia eclettica / ricognizione dello spazio
Doveva essere un saggio, la catalogazione degli spazi circostanti e delle tipologie architettoniche, dentro e fuori l’abitato.
Ricognizione è un termine che evoca distacco, un’azione militare priva di contatto e coinvolgimento. Non presuppone giudizi, prese di posizione. Nessuna interpretazione dei dati, semmai lasciata ad altri, quanto una raccolta analitica di vedute.
Invece il progetto ha preso forma in un flusso di coscienza, a più riprese, una registrazione libera, assecondando vettori spaziali e temporali compositi.
L’osservazione non genera analisi, ma valutazioni istintive e nuovi dubbi, senza alcuna ambizione di sintesi.
A volere cambiare sguardo, la provincia spopolata assume sembianze da suburba, periferia metropolitana. Distante anni luce dal piccolo e rassicurante universo sin qui figurato.
Un paesaggio nostro ha ceduto all’omologazione, plasmato lentamente e senza consapevolezza su modelli remoti. E’ la somma inesatta di elementi vari, dissonanti , alla ricerca di una nuova armonia. Piombato così, per caso, in un immaginario lontano. Contemporaneo e ben oltre il pittoresco, a cui ci si vorrebbe ancora aggrappare.
E’ necessario estraniarsi, assumere un punto di vista forestiero, per apprezzare una veduta quotidiana andando oltre l’abitudine.
Il punto di vista di un viaggiatore insonne, che si attardi per le vie del paese alle ore meno convenzionali.
Che, guardandosi attorno, si interroghi sulle ragioni di un gotico contemporaneo, appena eretto o già rudere, espressione come ogni architettura dei princìpi dell’umanità che ospita. Scheletri, slanci verso l’alto, vuoti, linee verticali, dislivelli vertiginosi. Simulacri di tempi migliori, ambizioni individuali, saghe familiari e migrazioni fortunate. Il sottrarsi a ogni azione e progetto collettivo, canoni pragmatici, una pianta disordinata ed estemporanea. Ordine e pulizia formale relegati all”esterno dell’abitato vitale.
I feticci sorti tutt’attorno, totem in acciaio, silicio e lega leggera, testimoniano la pratica di nuovi culti. I cui numi tutelari, a ben vedere, devono ancora certificare la propria benevolenza.
Come altri idoli, brillanti per pochi lustri e rapidamente decaduti, di cui non rimangono che le spoglie.
Le ciminiere solitarie, ora spente e inutili, sono il peccato originale.
[testo introduttivo della mostra]
© 2014 Giovanni Carru – tutti i diritti riservati
La provincia eclettica, la galleria sul progetto
Il peccato originale, il trittico
Nella vecchia cantina / La Nuova Sardegna
Nella vecchia cantina la Provincia eclettica di Giovanni Carru
La Nuova Sardegna – 6 settembre 2014
BITTI. La storica cantina di “Pipinu’e Brocale”, uno spazio dove per decenni avveniva la stagionatura del pecorino romano, ospiterà per Cortes Apertas 2014 la mostra del fotografo bittese Giovanni Carru “La provincia eclettica-Ricognizione dello spazio/Il peccato originale”; una ricerca sullo spazio urbano e sul territorio circostante. «Doveva essere un saggio – dice Giovanni Carru – una catalogazione degli spazi circostanti e delle tipologie architettoniche, dentro e fuori l’abitato. Invece il progetto ha preso forma in un flusso di coscienza, a più riprese; una registrazione libera, assecondando vettori spaziali e temporali compositi». L’obiettivo di Carru cattura una provincia spopolata, distante dal micro-universo rassicurante e spesso dai più, oggi solo immaginato; assumendo sembianze appartenenti più ai quartieri suburbani di una desolata periferia metropolitana; una landa deserta, apparentemente priva di vita. Eppure la quotidianità c’è, in quei totem in acciaio, silicio e lega leggera, a testimonianza di nuovi culti, di una umanità circostante che oggi li ospita, forse già con distacco, ma che in tempi non molto lontani li ha eretti. «È necessario estraniarsi, assumere un punto di vista forestiero – è il consiglio di Carru – per apprezzare una veduta quotidiana andando oltre l’abitudine. Come l’occhio di un viaggiatore insonne, che si attarda per le vie del paese alle ore meno convenzionali e che, guardandosi attorno, si interroga sulle ragioni di un gotico contemporaneo, appena sorto e già rudere».